27 ott 2010

L'ALLEGORIA DEL BUONO E CATTIVO GOVERNO: una buona lezione anche per la S.I.E. del 2010 !?


Speriamo che i Nove consiglieri del Direttivo SIE siano anche ergonomicamente saggi


Il seguente testo è stato tratto dal sito web del Comune di Siena  
http://www.comune.siena.it/main.asp?id=3887

"E' forse la sala più nota tra quelle del Palazzo Pubblico che incarna appieno la mentalità dei Nove, la forma di governo che più a lungo e meglio resse a Siena, dal 1287 al 1355, garantendole uno sviluppo economico e artistico con pochi eguali al mondo.
I Nove incaricarono nel 1337, Ambrogio Lorenzetti, che dopo la partenza di Simone Martini per la corte papale ad Avignone, era rimasto il principale interprete della Scuola senese, di decorare l'ambiente.
In esso i Nove ricevevano gli ospiti, volendo che fosse immediatamente chiaro quali erano gli ideali che ispiravano il loro agire.
Si tratta del primo ciclo profano della storia dell'arte e si sviluppa per vari gradi descrittivi con una meticolosa determinazione didascalica, come a dire che non vi dovesse essere alcun dubbio sulla comprensione del messaggio proposto. Sulla parete opposta alla finestra, quindi in migliori condizioni di leggibilità vi è l'"Allegoria del buon governo". Essa si basa sul concetto della divisione dei poteri tra il "governo", raffigurato attraverso un vecchio saggio vestito dei colori di Siena (bianco e nero), e la "giustizia" dotata della simbolica bilancia. I due protagonisti dell' amministrazione dello Stato agiscono sullo stesso piano, pur lavorando in ambiti diversi.
Il "governo" si avvale dell'apporto delle virtù cristiane, nel suo operare, mentre la "giustizia" è assistita dalla "sapienza".
Dai piatti della bilancia della "giustizia" si diparte un doppio filo, poi riunito dalla figura della "concordia" e consegnato da questa a ventiquattro cittadini che lo riconducono al "governo", a significare che la separatezza dei poteri.
Sull' altro lato della figurazione è schierato l' esercito con dei prigionieri in catene, come altro elemento fondamentale dell'equilibrio politico.
Ai piedi del "governo" è assisa una lupa, per la prima volta proposta come simbolo della città, un segno che fino ai nostri giorni è stato riproposto nelle architetture, nelle monete, nelle insegne anche più umili.
Nella parete accanto, sovrastante la porta d' accesso, sono dipinti, "Gli effetti del buon governo in città e in campagna". La città e il paesaggio non sono astratti ma ben identificabili in Siena e nel suo territorio, raffigurati con tutte le loro peculiari caratteristiche. Nella Siena medievale fervono le varie attività: i commerci, le manifatture, lo studio. I muratori costruiscono nuovi edifici in una città che cresce. I traffici sono intensi lungo la strada (la Francigena) che taglia la città e la sua campagna, che è segnata dall'intervento rispettoso dell' uomo che la usa a suo vantaggio.
Su tutta la scena domina la "securitas", la cui morbida grazia non è scalfita dalla sinistra presenza dell'impiccato che tiene. La sicurezza che per i più si tramuta nell'agio di condurre tranquillamente le proprie occupazioni, per alcuni di dedicarsi al diletto dello spirito.
Sulla parte opposta, rispondendo ad una esigenza di tipo didattico, sono raffigurati "L'allegoria e gli effetti del cattivo governo" in modo che l'esempio negativo possa ancor più far brillare le concezioni dei Nove.
Il concetto che si vuole esplicitare è quello della "tirannia", di un tipo di governo cioè che non guarda al bene comune ma ai propri ristretti interessi. Per ottenere lo squallido risultato il Tiranno, che come consiglieri tiene i "vizi", ha dovuto per prima cosa neutralizzare la "giustizia" che, legata e spogliata, è ormai priva delle sue prerogative.
Ne conseguono effetti devastanti per la città e la campagna, ridotte a scenario di angherie e violenza, teatro di morte e distruzione, dove nessuno lavora e soltanto il fabbro prosegue nella sua mortifera attività di costruttore d'armi."


L'affresco dell' Allegoria ed effetti del cattivo Governo, dipinto in maniera speculare a quello del Buon Governo, doveva permettere il diretto confronto didascalico con l'affresco sulla parete opposta. 
Un diavolo simboleggia la TIRANNIDE, sul quale volano AVARIZIA, SUPERBIA e VANAGLORA; della sua bestiale corte fanno parte FURORE, DIVISIONE, GUERRA, FRODE, TRADIMENTO e CRUDELTA. 
Ai suoi piedi la Giustizia legata è tenuta da un individuo solo (non dalla comunità). 

La città del Cattivo Governo è in degrado e piena di macerie, perché i suoi cittadini distruggono piuttosto che costruire, vi si svolgono omicidi, innocenti vengono arrestati, le attività economiche sono miserabili. 
La campagna è incendiata ed eserciti marciano verso le mura. 
In cielo vola il sinistro Timore.

P.S. (ore 9.15, 1 novembre 2010): 
Entrambe le allegorie fanno pensare alla situazione in cui versa la nostra Società Scientifica che non è stata governata da un tiranno, quanto piuttosto è stata troppo a lungo condizionata da approcci specialistici con connotazione esclusivista (avarizia, superbia e vanagloria), nonostante il fatto che l'Ergonomia (i suoi principi, i suoi metodi, i suoi valori) non definiscano un merito esatto bensi: 
- INTERDISCIPLINARIETA' (Ergonomia = ambito di studio/corpus di conoscenza comune all'architetto, all'ingegnere, al medico del lavoro, allo psicologo, al fisico, all'informatico, etc.)
- LAVORO (Ergonomia = insieme delle attività dell'Uomo)
- ADATTAMENTO DEL LAVORO ALL'UOMO (Ergonomia come inversione del punto di vista "Uomo/Lavoro).
Quando si pensi al Congresso svolto a Roma la scorsa settimana, alle sale con 10-20 persone presenti  (tutti moderatori, relatori o coautori) e all'assenza di persone semplicemente interessate ai lavori proposti, non resta che trovare all'interno dell'Ergonomia stessa il corretto ambito d'azione che non può più essere di "CONCEZIONE" bensi' di "CORREZIONE".
Per cui se prima del Congresso e dell'Assemblea avevamo programmato la pubblicazione di questo post, siamo sempre più convinti che le allegorie del Lorenzetti possano tornare utili alla S.I.E. per correggere l'approccio: superare il contingente e costruire una comunità.   
Non è solo un auspicio, ma un ritorno al passato, a quella Comunità scientifica agognata dal prof. Antonio Grieco; oggi come 40 anni fa, la collegialità, la condivisione di responsabilità, il riconoscimento del valore e della dignità, le relazioni basate sulla fiducia anziché sul controllo, la congruenza di scelte e azioni sul piano individuale e organizzativo, l’equilibrio tra vita personale e vita professionale definiscono un  ambiente di lavoro sano, in una Azienda produttiva, come nella nostra Società scientifica e nelle sue Sezioni territoriali.
In questo possiamo solo essere accusati di ottimismo.

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